Mappa della città-stato di Hong-Kong con tutte le sue isole
Hong Kong è una metropoli che si affaccia sull’Oceano Pacifico nel sud della Cina , famosa per essere la città più densamente popolata al mondo , è sede di una delle economie in maggior crescita di tutto l’Oriente, ex colonia inglese , presenta contaminazioni occidentali che si fondono alla perfezione con quelle orientali. Come già affermato in altri articoli del blog il mio fascino per l’Asia e l’Oriente mi ha portato a viaggiare in molte nazioni del continente e non potevo farmi mancare questa stupenda metropoli ricca di tradizioni e storia , crocevia di culture e punto strategico per commerci e comunicazioni. Da giugno a settembre il tempo a Hong Kong non è dei migliori , la stagione delle piogge porta forti rovesci e spesso la baia è attraversata da tifoni che distruggono tutto quello che incontrano . Nonostante le previsioni non fossero le migliori , partii comunque da Milano sabato 11 agosto 2018 dall’Italia e atterrai nella città- stato dopo 10 ore di aereo alle 8:30 il mattino seguente ora locale . Viaggiavo con due cari amici , Gianluca e Riccardo che avevo convinto a unirsi a me in questa nuova avventura. Per Gianluca era la prima volta fuori dall’Europa ed era super estasiato . Stanchi dopo le lunghe ore di volo sbrigammo le solite procedure , i controlli all’immigrazione e cercammo l’uscita dell’enorme aeroporto. Una volta fuori facemmo subito i conti con l’umidità estrema , che ci accompagnò per tutta la vacanza , in appena dieci minuti grondavamo già di sudore . Salimmo su un taxi diretti verso la metropoli , che si diresse verso un ponte enorme il quale collega Lantau island (dove si trova l’aeroporto) alla penisola di Kowloon , nella quale si trovava il nostro hotel. Mentre giungevamo a destinazione sotto una pioggia battente , rimanemmo colpiti dalla miriade di isole dell’arcipelago che sbucavano tra le nubi e la foschia , sembrava di essere nel film “Jurassic Park” ma ben presto la foresta tropicale lasciò il posto agli enormi grattacieli che annunciavano il nostro arrivo nella megalopoli. In lontananza vedemmo l’inconfondibile skyline dell’isola di Hong Kong circondata dalle famose colline arrotondate. Arrivati in centro a Kowloon , scendemmo dal taxi e iniziammo la ricerca della Guest House. Il mio telefono mi guidò verso l’indirizzo ma constatai che invece della nostra sistemazione eravamo davanti a un negozio di cibo e spezie indiane . Chiedevamo ai passanti ma nessuno sembrava capirci o conoscere quel posto , alla fine dopo un’ora di ricerca riuscimmo a salire all’ottavo piano di un fatiscente grattacielo nel quale si trovava la nostra stanza. Ritirammo le chiavi da una signora sulla sessantina che stava pulendo il corridoio e scaricammo le valigie in una stanza di appena otto metri quadri senza neanche una finestra , la quale pagai trecento euro per otto giorni , non male considerando i prezzi locali e poi d’altronde a noi serviva solo un posto per dormire , dovevamo esplorare la città e le isole circostanti e non avremmo passato molto tempo lì dentro . Ci cambiammo le maglie sudate e uscimmo per dirigerci verso il molo che si trovava nelle vicinanze. Arrivammo alla baia che si affacciava di fronte a Hong Kong Island , davanti ai nostri occhi una miriade di grattacieli attaccati l’uno all’altro che si estendevano a perdita d’occhio. Ancora spaesati , anche per colpa delle sette ore di fuso orario rispetto all’Italia cercammo un posto per pranzare , volevamo provare i famosi Dim Sum (tipici ravioli assortiti Cantonesi ) entrammo quindi in un posto di cui non ricordo il nome ma che tuttavia non potrò mai scordare . C’era una lunga fila all’esterno e le recensioni di google erano molto alte così decisi di aspettare , con grande stupore notai che la coda si muoveva velocemente e riuscimmo a sederci quasi subito e ordinammo i famosi Dim Sum . La velocità del servizio non aveva eguali e i piatti ordinati ci arrivarono dopo pochi minuti e li divorammo con voracità . Purtroppo non potemmo goderceli appieno , il ristorante era pieno e le cameriere che prendevano le ordinazioni si muovevano come saette urlando in cinese parole incomprensibili a noi , inoltre ogni volta che si alzava qualcuno dalle lunghe tavolate , si doveva scalare di un posto , impedendoci di godere del meritato pasto in santa pace . Alla fine fummo sbattuti letteralmente fuori dal locale per far posto alla continua scia di clienti affamati che non smettevano di entrare . Non fummo trattati con molta gentilezza insomma , tuttavia assaporammo cibo gustoso e un’atmosfera alquanto autentica.
Dim Sum e Noodle cantonesi
Usciti dal ristorante ci recammo nel nostro ” bunker” , e stremati ci buttammo a letto . Dopo aver riposato qualche ora , in tarda serata ci dirigemmo nuovamente al molo di Tsim Tsa Tsui e ci imbarcammo sul famoso traghetto che attraversa il Victoria Harbour e collega la penisola di Kowloon a Hong Kong Island . La baia davanti a noi era stupenda , costellata di luci , insegne colorate che si riflettevano sull’acqua e sui grattacieli , battelli e navi tradizionali con grosse vele rosse che navigavano in ogni direzione. Scoprimmo una volta arrivati dall’altra sponda che l’isola di Hong Kong ha una densità di abitanti più alta . Qui vi è il cuore finanziario della città e hanno sede la maggior parte delle banche , inoltre si trovano gli antichi negozi degli intagliatori di avorio , i quali creano purtroppo ancora oggi delle vere opere d’arte su questo sempre più raro (per fortuna) materiale derivato dalle zanne degli elefanti.
Vista di Hon Kong Island dal Victoria Harbour
Particolare delle navi tradizionali che navigano nella baia
Il giorno seguente visitammo il tempio di Wong Tai Sin , un bellissimo complesso architettonico situato tra i grattacieli della penisola di Kowloon , che si estende su 18.000 metri quadrati. L’architettura di questo luogo sacro è in pieno stile tradizionale cinese, con grandi colonne rosse e un tetto d’oro con fregi e sculture variopinte. Mentre lo visitavamo ci informammo sulla storia e tradizione di quel bellissimo luogo e scoprimmo che i fedeli in visita al tempio dovevano inginocchiarsi davanti all’altare principale ed esprimere un desiderio agitando un cilindro con alcuni bastoncini di bambù fino a quando uno di essi fosse caduto: a quel punto il bastoncino deve essere scambiato con un pezzo di carta con lo stesso numero, e l’indovino interpreta la fortuna per il fedele.
I Fedeli davanti al Tempio
Io davanti alla pagoda dell’incenso
Particolare di una statua
Esperienza bellissima che ci permise di respirare la spiritualità del buddismo e l’oriente. Continuando la nostra visita alla scoperta della metropoli decidemmo di osservare la città dall’alto e salire sulle colline intorno alla metropoli , la nostra meta era il Lion Rock alto 495 metri : questo monolite (così chiamato per la sua somiglianza ad un leone accovacciato) è racchiuso tra Kowloon e i Nuovi Territori ed è sicuramente il luogo migliore, per godere di una vista straordinaria sullo skyline di Hong Kong . Il panorama è a 180° , si possono osservare i grattacieli attaccati l’uno all’altro a perdita d’occhio e il famoso Victoria Harbor. Arrivati alla partenza del percorso eravamo già molto sudati , l’umidità in questa parte d’Asia è davvero tremenda , quasi insopportabile e ci rese davvero difficile l’esperienza. Mentre salivamo addentrandoci nel fitto della foresta grondando di sudore , la pioggia intermittente si alternava con il sole che ogni tanto faceva capolino , le scimmie urlavano e saltavano tra gli alberi , riuscii addirittura a scorgere un cinghiale che mi osservava tra la boscaglia . Il percorso non era impegnativo , ma come già detto , l’umidità e il caldo lo rendevano molto più duro di quello che in realtà fosse. Arrivati in cima potemmo osservare la grandezza di quella metropoli , mi stava affascinando sempre di più e volevo conoscere ed esplorare ogni suo angolo.
Il sentiero che porta sulla collina
Stretching prima dell’ultimo tratto ripido
Tratti pericolosi
Panorama dal Lion Rock con le nuvole cariche di pioggia
Da sinistra a destra rispettivamente Riccardo,Gianluca ed Io
Percorremmo anche le altre collinette collegate dai sentieri che presentavano spesso tratti tecnici di facile arrampicata ed infine ritornammo da dove eravamo partiti. Sudati come non mai ci eravamo tolti praticamente tutto e ci asciugavamo con le nostre magliette . Giunti alla strada principale prendemmo un taxi che ci portò a Tsim Sha Tsui ; non fu l’idea più intelligente che avessimo preso fino a quel momento , l’aria condizionata a palla della macchina ci fece quasi venire una bronchite !! Riuscimmo a stento a sopravvivere e ci ritrovammo sulla via principale Nathan Road , caratterizzata da insegne luminose al neon, ristoranti informali e negozi locali eclettici , ci sentivamo come dei bambini al parco giochi . Continuando nei nostri giri riuscimmo nel tardo pomeriggio a tonare nel “bunker” per farci una meritata doccia , pronti per la notte nei locali della movida di Hong Kong. Ci dirigemmo nuovamente con il traghetto a Hong Kong island verso il quartiere Lan Kwai Fong , un quartiere frequentato principalmente da europei , pieno di locali e ristoranti a bordo strada . Mangiammo un Ramen in un piccolo ristorante per cena , e dopo girovagammo tra i locali bevendo cocktail e ballando fino alle quattro del mattino , infine stanchi morti tornammo a dormire alle prima luci dell’alba . Al nostro risveglio purtroppo pioveva di nuovo , ma senza abbatterci decidemmo di dirigerci verso il famoso trail chiamato Dragon’s Back un altro sentiero tra le colline che con il suo continuo saliscendi in cresta alle colline , ricorda appunto il dorso di un drago . La cosa che mi stava colpendo di più su questa metropoli super antropizzata è che in pochi chilometri data la conformazione del territorio si potevano lasciare il caos cittadino e ritrovarsi tra le verdi colline , spiagge e scogliere più selvagge .
Mappa del percorso Dragon’s Back Trail
Indicazioni
Il sentiero attraversa la foresta di bamboo
Sentiero tra gli arbusti
Shek O Beach
Gianluca e Riccardo erano stanchi per colpa della serata e dei ritmi sostenuti che stavamo avendo in quei giorni , così decisero di rilassarsi a Shek O Beach , io mi sentivo tutto sommato ancora in forma e partii dalla spiaggia per percorrere il sentiero in solitaria. Il primo tratto costeggia la strada asfaltata per un chilometro fino a un bivio sulla destra dal quale iniziava il sentiero sterrato. I primi gradini rocciosi mi portarono in una fitta foresta di bambù che ricopre queste colline . Un continuo saliscendi in cresta dal quale era possibile ammirare tutte le spiagge , le isole e la costa di Hong Kong Island . Raggiunsi Shek o Peak e continuai fino al punto più alto Mount Collinson 348 M una collina verde molto panoramica . Purtroppo il tempo non era dei migliori e ad un tratto incominciò a piovere , dapprima una pioggia leggera e piacevole , ma ben presto divenne sempre più fitta tanto che dovetti correre al riparo sotto delle rocce , aspettai più di venti minuti ma il tempo non migliorò. La situazione rimase abbastanza critica , con vento forte e pioggia battente ma senza lampi o fulmini , così decisi di continuare verso la spiaggia e tornare dai miei amici . Avevo percorso circa metà trail e mi mancavano ancora cinque chilometri per ritornare al punto dal quale ero partito . Cercai di correre più veloce che potevo , l’intensità della pioggia era tale che non riuscivo quasi a tenere gli occhi aperti e le gocce mi arrivavano in faccia come lame . Il sentiero si trasformò in un torrente che rese il ripido sentiero scivoloso , caddi parecchie volte ma per fortuna riuscii a giungere alla spiaggia tutto intero anche se completamente fradicio . Alla fermata del pullman finalmente incontrai Riccardo e Gianluca che imprecavano sotto la tettoia di un fruttivendolo , anche loro erano stati sorpresi dal violento temporale mentre facevano il bagno . Ci accampammo come dei nomadi sotto la tettoia e tra le risate cercammo di far asciugare un po’ i nostri vestiti . Ancora bagnati chiamammo un taxi che ci riportò nella metropoli dove nello stupore generale percorremmo il corso centrale di Tsim Sha Tsui in costume fino al “bunker” , dove concludemmo la giornata . Mi stavo divertendo davvero tanto nonostante il tempo inclemente , ed ero felice di aver percorso completamente il Dragon’s Back (undici chilometri e cinquecento metri di dislivello), niente di estremo , ma il percorso mi fece conoscere angoli e panorami molto suggestivi in un ambiente poco antropizzato. Il mio soggiorno continuò nei giorni seguenti con la visita del Victoria Peak , forse la collina più famosa e turistica di Hong Kong , raggiungibile tramite una funicolare dalla quale si può ammirare anche qui la metropoli e la baia.
La funicolare che porta al Victoria Peak
Panorama dal Victoria Peak
Un altro luogo che secondo me vale la pena visitare è l’Hong Kong Heritage Museum , al suo interno ci si può immergere totalmente nella storia e cultura millenaria del sud della Cina e in più è possibile visitare la sezione dedicata all’icona mondiale Bruce Lee . Nel museo sono presenti foto , vestiti , attrezzi e storie riguardanti la star di Hollywood che negli anni 70 raggiunse il successo planetario , grazie ai suoi film di Arti Marziali sia Cina che in America . Personaggio che ebbe un ruolo chiave nel secolo scorso , in quanto aprì l’Oriente e la Cina al “mondo occidentale” mostrandone le bellezze , le tradizioni culturali e sviluppando anche una nuova arte marziale , che fu anche il suo stile di vita , il Jeet Kune Do . Bruce Lee purtroppo scomparve all’età di 32 anni , ufficialmente per un malore , anche se le cause e le dinamiche della sua scomparsa rimangono ancora oggi un mistero , il suo ricordo sopratutto qui nella sua città natale , è ancora forte e rimarrà per sempre.
Statua di Bruce Lee all’entrata del museo
La famosa tuta indossata da Bruce Lee nel film “Game of Death ” nel 1973
Particolare del Museo
Hong Kong nonostante sia una città-stato di piccole dimensioni non finisce mai di stupire e offre una miriade di attrazioni e posti da visitare. Lantau Island è uno di questi , la sua parte centrale è selvaggia , qui si snodano numerosi sentieri tra le montagne che culminano sul Fung Wong Shan o Lantau peak a 934 m. Quest’isola è un’ottima posto per disconnettersi dal caos di Hong Kong e tra i suoi sentieri si può effettuare parecchio dislivello . Sbarcammo dopo un’ ora di traghetto dal centro cittadino a Mui Wo dal quale partiva il percorso per raggiungere il grande buddha (nostra prima tappa) , il Trail che misura 14 chilometri e 1400 metri di dislivello su sentiero é ben segnalato , e sebbene necessiti di un minimo di allenamento per essere completato é comunque alla portata di tutti . Qui si dimentica quasi di essere in una delle metropoli più densamente popolate al mondo tra valli scoscese e villaggi su palafitte.
La rigogliosa vegetazione di Lantau Island
Verso il Lantau Peak
Le nubi cariche di pioggia si avvicinavano minacciose ma riuscimmo ad camminare senza bagnarci fino a giungere in cima alla collina del monastero Po Lin . In questa piana sorge la più grande statua all’aperto raffigurante un Buddha seduto in bronzo di trentaquattro metri , che simboleggia la stabilità di Hong Kong , la prosperità della Cina e la pace sulla Terra . Ci vollero ben 12 anni per progettare e costruire questa enorme statua in bronzo, che oggi è diventata una delle principali attrazioni di Hong Kong, nonché un prezioso patrimonio culturale dell’umanità. Per giungere ai piedi di questo grandioso monumento salii 268 scalini e una volta arrivato ebbi ancora una volta una bellissima vista sul mare e sulle montagne circostanti.
Gianluca, Riccardo ed Io davanti alla statua
Statue che circondano il Buddha
Dopo la visita scesi i gradini con i miei amici per dirigermi al Monastero di Po Lin che si trova davanti alla statua e in poco tempo entrammo in uno dei santuari buddisti più importanti di Hong Kong . Sede di molti monaci devoti, questo complesso si compone di vari edifici e sale, tra cui la Sala di Skanda Bodhisattva, Sala del Buddha luogo di culto principale, e la Grande Sala dei Diecimila Buddha. Ai lati, vi sono il campanile e la Torre del Tamburo, oltre alla Sala Ksitigarbha Bodhisattva, la Sala di Meditazione, la Sala da pranzo e la Sala Sangha . Altre parti che visitai con piacere furono i tre giardini , Il primo è il Bauhinia Grove, vicino al Mountain Gate, il secondo è il Giardino delle Orchidee sul lato orientale del monastero, dove sono coltivate diverse specie di orchidee in vaso curate con estrema meticolosità, mentre il terzo è un piccolo bosco sul retro del monastero , tutti questi erano pieni di fiori profumati e uccelli esotici e creavano un’atmosfera di profonda tranquillità e serenità in un ambiente di grande bellezza.
Il complesso del Monastero Po Lin visto dal Tian Tan Buddha
Una delle entrate del monastero
Ingresso dei giardini
Era ormai mezzogiorno e decidemmo di mangiarci dei noodle in un piccolo negozio poco distante e ci incamminammo verso il villaggio di pescatori Tai O . In poco tempo percorremmo i sette chilometri di discesa e ci ritrovammo in questo bellissimo villaggio . Questa piccola cittá conta una popolazione di circa cinquemila abitanti , costruita sul mare con palafitte in legno dall’aspetto traballante é una delle zone del territorio di Hong Kong più isolate e povere . Qui nel 2008 il villaggio fu danneggiato dal Tifone Hagupit e nel 2000 da un importante incendio. La maggior parte dell’economia qui si basa sulla pesca e sulla produzione del sale e lo potemmo constatare appena entrati nel villaggio quando fummo accolti da un forte odore di pesce . Le bancarelle dei venditori negli stretti vicoli erano piene di qualsiasi pesce /mollusco salato o essiccato e in ognuna si poteva acquistare il famoso paté di gamberetti , considerato prelibatissimo da queste parti . Passeggiando tra i canali e le palafitte si potevano scorgere i pescatori che scaricavano il pesce pescato e all’interno delle case gli abitanti che si intrattenevano giocando ai tradizionali giochi da tavola cinesi. Fu un’esperienza bellissima e al tramonto terminata la visita , prendemmo il traghetto per Kowloon sul quale sprofondammo in un profondo sonno per tutto il viaggio di ritorno. Nei giorni seguenti visitammo Macau , la città- stato ex colonia portoghese sede di molti casinò è famosa per il gioco d’azzardo , (ne parlerò in altri articoli del blog) e molte spiagge remote nella parte est dei territori di Hong Kong . Purtroppo dopo otto giorni il mio tempo a disposizione terminò e tornai in Italia con Gianluca e Riccardo i quali ovviamente come me erano molto dispiaciuti che il tempo a nostra disposizione fosse terminato. L’esperienza che vivemmo sicuramente fu molto meno turistica della maggior parte delle persone che visitano questa bellissima Megalopoli , ma sicuramente molto più autentica . Tuttavia non ci permise di scoprire tutte le bellezze sia naturali che culturali che Hong Kong aveva ed ha da offrire . Spero un giorno di ritornarci per rivivere nuovamente quella bellissima atmosfera tra antiche tradizioni , natura e modernità che caratterizzano questa parte di Cina.
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